Serra San QuiricoIl progetto La Memoria dei Luoghi è stato ideato dal Sistema Museale della Provincia di Ancona con il sostegno della Provincia di Ancona e della Regione Marche, per raccogliere, conservare, rendere disponibile tramite il web, la ricca documentazione del nostro territorio.http://www.lamemoriadeiluoghi.it/index.php/serra-san-quirico2016-01-25T18:52:26+00:00La Memoria dei Luoghisimonedigrandi.ag@gmail.comJoomla! - Open Source Content ManagementABBAZIA DI SANT'ELENA - LA STORIA2015-10-28T09:16:26+00:002015-10-28T09:16:26+00:00http://www.lamemoriadeiluoghi.it/index.php/serra-san-quirico/323-abbazia-di-sant-elena-la-storiaFederica Candelaresifedecandelaresi@libero.it<p>Immersa nella tipica natura delle colline marchigiane con alle spalle la <strong>Gola della Rossa</strong> e davanti tutta la Valle dell'Esino, l'<strong>Abazia di Sant'Elena</strong> ha celebrato da poco il suo millenario.<br />Fondata nel 1005 da <strong>San Romualdo</strong>, <strong>Sant'Elena</strong> divenne la più importante Abazia benedettina della vallesina sul piano politico, civile e sociale.<img style="float: right;" src="http://www.lamemoriadeiluoghi.it/images/AbaziaElena10.jpg" alt="" /><br />Nel XII secolo vantava il possesso di circa 50 chiese e 10 edifici fra castelli e ville con tutti i beni annessi. Nel 1180 si unì all'Eremo di Camaldoli, inserendosi nella congregazione Camaldolese.<br />L'importanza dell'Abazia era accresciuta dal diritto dell'Abate di esercitare la giurisdizione civile e penale, incluso il diritto di vita e di morte.<br />Il territorio che va dalla Gola della Rossa fino a Moie, compreso il Castello del Massaccio (ora Cupramontana) e quello di Antico presso San Marcello, era sotto la sua giurisdizione<br />La decadenza ebbe inizio nel XV secolo quando il papa Innocenzo VIII tolse all'ordine Camaldolese l' Abazia, nominando un Abate Commendatario nella persona del cardinale Giovanni Colonna (Commendatario perché pur avendo tutti i poteri dell'Abate non era un monaco appartenente ad un ordine e non era obbligato a risiedere nell'Abazia).<br />Il 6 Aprile 1816 quest'ultimo cedette in enfiteusi l'Abazia con tutti i beni annessi alla famiglia Pianesi che in seguito affrancò a proprio favore l'enfiteusi, divenendone così la legittima proprietaria.<br />Sant'Elena è una vasta costruzione Romanico-Gotica in blocchetti di pietra.<br />L'epoca di costruzione risale al secolo XI. All'esterno l'intero complesso assume quasi l'aspetto di una chiesa fortezza<br />La Chiesa è a pianta basilicale a tre navate, l'abside è unica, ampia, semicircolare, con due finestre a doppio strombo: l'elemento più significativo dell'esterno è la facciata, con l' alto campanile, ed alla base il portale i cui motivi ornamentali variano dal romanico al gotico ed al bizantino.<br />L'interno ha la vastità e l'imponenza di una cattedrale ed è diviso da pilastri compositi in tre navate. I capitelli sono di stile romantico. Le sale all'interno del vecchio Monastero si presentano con volte in mattoni sia a botte che a crociera di 6 metri e pareti in pietra, il tutto a vista..<br />La sala piu' antica, risalente all'XI secolo, con volta a botte ha il pavimento in grandi blocchi di pietra e presumibilmente e' stato il primo insediamento dell'Abazia.</p>
<p>L'<strong>Abazia di Sant'Elena</strong> viene fatta risalire all'iniziativa di <strong>San Romualdo</strong> all'inizio dell'XI secolo. La chiesa attuale è comunque assegnata alla fine del XII secolo per le sue caratteristiche costruttive influenzate dallo stile gotico<br />Il prospetto posteriore è caratterizzato da una sola abside aperta da due monofore. Il profilo a saliente interrotto della facciata posteriore evidenzia una ridotta differenza in altezza delle tre navate<br />Ai lati, due monofore più piccole danno luce alle navate laterali. Al di sopra delle monofore sono murati dei piccoli rilievi a stella a sei punte (sia in pietra che in cotto) ed antropomorfi. La facciata è sormontata da un campanile a vela ed è aperta da una finestra e da un portale.<br />Il portale presenta un archivolto costituito di tre ghiere: la più esterna a dentelli, in pietra bianca, l'intermedia liscia e la più interna decorata a girali. L'interno a tre navate con una spazialità “a sala” deriverebbe secondo alcuni autori da ristrutturazioni che nel XIII secolo hanno portato all'elevazione delle navate laterali ed alla costruzione delle volte<br />Originale è la struttura dei pilastri che presentano delle colonne addossate su cui poggiano i piedritti degli archi longitudinali. Le semicolonne sono dotate di capitelli dotati di collarino ed abaco decorati di soggetti figurati o meno.</p><p>Immersa nella tipica natura delle colline marchigiane con alle spalle la <strong>Gola della Rossa</strong> e davanti tutta la Valle dell'Esino, l'<strong>Abazia di Sant'Elena</strong> ha celebrato da poco il suo millenario.<br />Fondata nel 1005 da <strong>San Romualdo</strong>, <strong>Sant'Elena</strong> divenne la più importante Abazia benedettina della vallesina sul piano politico, civile e sociale.<img style="float: right;" src="images/AbaziaElena10.jpg" alt="" /><br />Nel XII secolo vantava il possesso di circa 50 chiese e 10 edifici fra castelli e ville con tutti i beni annessi. Nel 1180 si unì all'Eremo di Camaldoli, inserendosi nella congregazione Camaldolese.<br />L'importanza dell'Abazia era accresciuta dal diritto dell'Abate di esercitare la giurisdizione civile e penale, incluso il diritto di vita e di morte.<br />Il territorio che va dalla Gola della Rossa fino a Moie, compreso il Castello del Massaccio (ora Cupramontana) e quello di Antico presso San Marcello, era sotto la sua giurisdizione<br />La decadenza ebbe inizio nel XV secolo quando il papa Innocenzo VIII tolse all'ordine Camaldolese l' Abazia, nominando un Abate Commendatario nella persona del cardinale Giovanni Colonna (Commendatario perché pur avendo tutti i poteri dell'Abate non era un monaco appartenente ad un ordine e non era obbligato a risiedere nell'Abazia).<br />Il 6 Aprile 1816 quest'ultimo cedette in enfiteusi l'Abazia con tutti i beni annessi alla famiglia Pianesi che in seguito affrancò a proprio favore l'enfiteusi, divenendone così la legittima proprietaria.<br />Sant'Elena è una vasta costruzione Romanico-Gotica in blocchetti di pietra.<br />L'epoca di costruzione risale al secolo XI. All'esterno l'intero complesso assume quasi l'aspetto di una chiesa fortezza<br />La Chiesa è a pianta basilicale a tre navate, l'abside è unica, ampia, semicircolare, con due finestre a doppio strombo: l'elemento più significativo dell'esterno è la facciata, con l' alto campanile, ed alla base il portale i cui motivi ornamentali variano dal romanico al gotico ed al bizantino.<br />L'interno ha la vastità e l'imponenza di una cattedrale ed è diviso da pilastri compositi in tre navate. I capitelli sono di stile romantico. Le sale all'interno del vecchio Monastero si presentano con volte in mattoni sia a botte che a crociera di 6 metri e pareti in pietra, il tutto a vista..<br />La sala piu' antica, risalente all'XI secolo, con volta a botte ha il pavimento in grandi blocchi di pietra e presumibilmente e' stato il primo insediamento dell'Abazia.</p>
<p>L'<strong>Abazia di Sant'Elena</strong> viene fatta risalire all'iniziativa di <strong>San Romualdo</strong> all'inizio dell'XI secolo. La chiesa attuale è comunque assegnata alla fine del XII secolo per le sue caratteristiche costruttive influenzate dallo stile gotico<br />Il prospetto posteriore è caratterizzato da una sola abside aperta da due monofore. Il profilo a saliente interrotto della facciata posteriore evidenzia una ridotta differenza in altezza delle tre navate<br />Ai lati, due monofore più piccole danno luce alle navate laterali. Al di sopra delle monofore sono murati dei piccoli rilievi a stella a sei punte (sia in pietra che in cotto) ed antropomorfi. La facciata è sormontata da un campanile a vela ed è aperta da una finestra e da un portale.<br />Il portale presenta un archivolto costituito di tre ghiere: la più esterna a dentelli, in pietra bianca, l'intermedia liscia e la più interna decorata a girali. L'interno a tre navate con una spazialità “a sala” deriverebbe secondo alcuni autori da ristrutturazioni che nel XIII secolo hanno portato all'elevazione delle navate laterali ed alla costruzione delle volte<br />Originale è la struttura dei pilastri che presentano delle colonne addossate su cui poggiano i piedritti degli archi longitudinali. Le semicolonne sono dotate di capitelli dotati di collarino ed abaco decorati di soggetti figurati o meno.</p>ABBAZIA DI SANT’ELENA - L'ARCHITETTURA2015-10-27T17:25:31+00:002015-10-27T17:25:31+00:00http://www.lamemoriadeiluoghi.it/index.php/serra-san-quirico/321-abbazia-di-sant-elena-l-architetturaFederica Candelaresifedecandelaresi@libero.it<p><!--EndF--></p>
<p>Sul limite occidentale della Marca Anconetana, nel punto in cui il fiume Esino, uscito dalle gole della Rossa, attraversa una stretta zona pianeggiante dove riceve le acque del torrente Esinante, sorge il monastero fortificato di Sant’Elena.<br /> Di questo antico cenobio benedettino, passato alla congregazione camaldolese nel 1180 e la cui istituzione si fa risalire al principio del Mille per volontà di San Romualdo, è nota la data di consacrazione dell’edificio di culto, avvenuta nel 1212 come riporta un’iscrizione ancora in sito.<img style="float: right; border-width: 100px;" src="http://www.lamemoriadeiluoghi.it/images/SerraSanQuiricoElena.jpg" alt="" width="485" height="323" /></p>
<p>Di fatto l’abbaziale e il robusto torrione quadrilatero innalzato a difesa dell’insediamento sono le uniche vestigia superstisti del monumento medievale, la cui costruzione fu condotta soprattutto nel corso del XII secolo. A questo periodo si devono ricondurre l’impostazione architettonica della chiesa, di impianto basilicale e conclusa da un coro monoabsidato che sovrasta la cripta riedificata<br /> dopo il crollo del 1925, e l’elaborazione del ricco arredo plastico del portale di facciata e dei semicapitelli a decoro vegetale e figurati inseriti sul versante interno delle tre coppie di pilastri cruciformi che articolano il volume del corpo longitudinale interno.</p>
<p>Tuttavia l’estremo allungamento dei sostegni, ben al di sopra dell’imposta dei semicapitelli romanici, e la netta sopraelevazione dei muri di fiancata segnano lo stacco progettuale tra la fabbrica benedettina e le fasi conclusive del cantiere. Il passaggio del monastero all’ordine camaldolese comportò, quindi, un profondo rimodernamento dell’edificio e l’adozione su tutte e tre le navi di coperture a crociera che raggiungendo la medesima altezza, il cosiddetto sistema a sala, conferiscono alla chiesa una spazialità di impronta protogotica fino ad allora inedita nel panorama marchigiano.</p>
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<p>Il testo è tratto da <em>Il romanico nelle Marche</em> a cura di Claudia Barsanti, Pio Francesco Pistilli, Ars media, Fermo, 2000.</p>
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<p>Sul limite occidentale della Marca Anconetana, nel punto in cui il fiume Esino, uscito dalle gole della Rossa, attraversa una stretta zona pianeggiante dove riceve le acque del torrente Esinante, sorge il monastero fortificato di Sant’Elena.<br /> Di questo antico cenobio benedettino, passato alla congregazione camaldolese nel 1180 e la cui istituzione si fa risalire al principio del Mille per volontà di San Romualdo, è nota la data di consacrazione dell’edificio di culto, avvenuta nel 1212 come riporta un’iscrizione ancora in sito.<img style="float: right; border-width: 100px;" src="images/SerraSanQuiricoElena.jpg" alt="" width="485" height="323" /></p>
<p>Di fatto l’abbaziale e il robusto torrione quadrilatero innalzato a difesa dell’insediamento sono le uniche vestigia superstisti del monumento medievale, la cui costruzione fu condotta soprattutto nel corso del XII secolo. A questo periodo si devono ricondurre l’impostazione architettonica della chiesa, di impianto basilicale e conclusa da un coro monoabsidato che sovrasta la cripta riedificata<br /> dopo il crollo del 1925, e l’elaborazione del ricco arredo plastico del portale di facciata e dei semicapitelli a decoro vegetale e figurati inseriti sul versante interno delle tre coppie di pilastri cruciformi che articolano il volume del corpo longitudinale interno.</p>
<p>Tuttavia l’estremo allungamento dei sostegni, ben al di sopra dell’imposta dei semicapitelli romanici, e la netta sopraelevazione dei muri di fiancata segnano lo stacco progettuale tra la fabbrica benedettina e le fasi conclusive del cantiere. Il passaggio del monastero all’ordine camaldolese comportò, quindi, un profondo rimodernamento dell’edificio e l’adozione su tutte e tre le navi di coperture a crociera che raggiungendo la medesima altezza, il cosiddetto sistema a sala, conferiscono alla chiesa una spazialità di impronta protogotica fino ad allora inedita nel panorama marchigiano.</p>
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<p>Il testo è tratto da <em>Il romanico nelle Marche</em> a cura di Claudia Barsanti, Pio Francesco Pistilli, Ars media, Fermo, 2000.</p>
<p> </p>CHIESA DI SANTA LUCIA - pdf2015-10-25T06:11:52+00:002015-10-25T06:11:52+00:00http://www.lamemoriadeiluoghi.it/index.php/serra-san-quirico/285-chiesa-di-santa-luciaFederica Candelaresifedecandelaresi@libero.it<p><img style="float: right;" src="http://www.lamemoriadeiluoghi.it/images/SantaLucia.jpg" alt="" width="300" />La Chiesa di Santa Lucia è uno dei più straordinari esempi di arte barocca del territorio con l'imponenza delle forme e la ricchezza di decorazioni, dorature e stucchi.</p>
<p>Fu costruita attorno al 1200 e poi completamente rifatta nel 1650. Fu custodita dai monaci silvestrini fino alla soppressione degli ordini monastici voluta da Napoleone ed oggi è l'unica parrocchia di Serra San Quirico.</p>
<p>Al suo interno ospita opere di Guido Reni, le cinque grandi tele raffiguranti il <em>Martirio di Santa Lucia</em>, del vicentino Pasqualino Rossi e altre di scuola bolognese. Affreschi e decorazioni si devono a Giovanni Fabbri da Sant'Ippolito, Giuseppe Malatesta di Fabriano.</p>
<p>Il complesso dell'ex monastero, adiacente la chiesa, ospita la Cartoteca storica delle Marche, una ricca collezione di antiche carte geografiche e mappe che presentano il volto delle Marche dal XVI secolo fino all'Unità d'Italia.</p>
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<p> </p><p><img style="float: right;" src="images/SantaLucia.jpg" alt="" width="300" />La Chiesa di Santa Lucia è uno dei più straordinari esempi di arte barocca del territorio con l'imponenza delle forme e la ricchezza di decorazioni, dorature e stucchi.</p>
<p>Fu costruita attorno al 1200 e poi completamente rifatta nel 1650. Fu custodita dai monaci silvestrini fino alla soppressione degli ordini monastici voluta da Napoleone ed oggi è l'unica parrocchia di Serra San Quirico.</p>
<p>Al suo interno ospita opere di Guido Reni, le cinque grandi tele raffiguranti il <em>Martirio di Santa Lucia</em>, del vicentino Pasqualino Rossi e altre di scuola bolognese. Affreschi e decorazioni si devono a Giovanni Fabbri da Sant'Ippolito, Giuseppe Malatesta di Fabriano.</p>
<p>Il complesso dell'ex monastero, adiacente la chiesa, ospita la Cartoteca storica delle Marche, una ricca collezione di antiche carte geografiche e mappe che presentano il volto delle Marche dal XVI secolo fino all'Unità d'Italia.</p>
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<p> </p>CHIESA DI SANTA MARIA DELLE STELLE - L'ARCHITETTURA2015-10-27T17:29:14+00:002015-10-27T17:29:14+00:00http://www.lamemoriadeiluoghi.it/index.php/serra-san-quirico/322-chiesa-di-santa-maria-delle-stelle-l-architetturaFederica Candelaresifedecandelaresi@libero.it<p>La piccola chiesa che nell’XI secolo apparteneva all’abbazia di Sant’Elena, si erge su un colle a cui dà il nome e che domina la strada che collega Mergo a Serra San Quirico, a circa 2 Km dal borgo di Trivio. Costruita in cotto, l’edificio ha navata unica con transetto monoabsidato, un impianto a ‘T’ frequente nelle fondazioni camaldolesi.</p>
<p><br /> Nella semplice facciata, sovrastata da un più tardo campaniletto a vela, si apre un portale con archivolto modanato.</p>
<p>Le tre campate interne ora con tetto ligneo avevano in origine coperte con una volta a botte impostata su robusti pilastri addossati alle pareti che scandiscono in tre campate lo spazio interno, attualmente adibito a magazzino agricolo.<br /> </p>
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<p>Il testo è tratto da <em>Il romanico nelle Marche</em> a cura di Claudia Barsanti, Pio Francesco Pistilli, Ars media, Fermo, 2000.</p>
<p> </p><p>La piccola chiesa che nell’XI secolo apparteneva all’abbazia di Sant’Elena, si erge su un colle a cui dà il nome e che domina la strada che collega Mergo a Serra San Quirico, a circa 2 Km dal borgo di Trivio. Costruita in cotto, l’edificio ha navata unica con transetto monoabsidato, un impianto a ‘T’ frequente nelle fondazioni camaldolesi.</p>
<p><br /> Nella semplice facciata, sovrastata da un più tardo campaniletto a vela, si apre un portale con archivolto modanato.</p>
<p>Le tre campate interne ora con tetto ligneo avevano in origine coperte con una volta a botte impostata su robusti pilastri addossati alle pareti che scandiscono in tre campate lo spazio interno, attualmente adibito a magazzino agricolo.<br /> </p>
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<p>Il testo è tratto da <em>Il romanico nelle Marche</em> a cura di Claudia Barsanti, Pio Francesco Pistilli, Ars media, Fermo, 2000.</p>
<p> </p>GLI ABITANTI E I MESTIERI TRADIZIONALI2015-10-25T05:59:32+00:002015-10-25T05:59:32+00:00http://www.lamemoriadeiluoghi.it/index.php/serra-san-quirico/281-gli-abitanti-e-i-mestieri-tradizionaliFederica Candelaresifedecandelaresi@libero.it<p><img style="border-width: 100px; float: right;" src="http://www.lamemoriadeiluoghi.it/images/serra.jpg" alt="" width="300" />I Serrani hanno avuto fama di gente manesca e contrabbandiera: tale discredito nacque con lo spaccio clandestino delle polveri piriche e fu rafforzato da qualche fatto di sangue.</p>
<p>L’area della Gola della Rossa fu nel XVI-XVII secolo frequentemente infestata dal brigantaggio. Una testimonianza del XVI secolo sono alcune lettere di Annibal Caro che, forse per rancore personale, disse male del paese e dei suoi abitanti ai quali gettò l’epiteto di «Gente cui si fa notte innanzi sera/ gente da basto, da bastone, da galera».</p>
<p>Oltre alle attività legate all’agricoltura e all’allevamento, ricordiamo la concia delle pelli, la fabbricazione dei vasi di terracotta, la fabbricazione e lo smercio clandestino della polvere pirica, lo sfruttamento delle cave di pietra e di travertino, fabbricazione di laterizi, arte di fabbri ferrai, ebanisti, falegnami.</p>
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<p><em>Tratte da "Il Progetto Ecomuseo. Il Festival del Paesaggio", pp.19-20, Sistema Museale della Provincia di Ancona Pubblicazione fuori commercio. Isbn 9788894007114</em></p><p><img style="border-width: 100px; float: right;" src="images/serra.jpg" alt="" width="300" />I Serrani hanno avuto fama di gente manesca e contrabbandiera: tale discredito nacque con lo spaccio clandestino delle polveri piriche e fu rafforzato da qualche fatto di sangue.</p>
<p>L’area della Gola della Rossa fu nel XVI-XVII secolo frequentemente infestata dal brigantaggio. Una testimonianza del XVI secolo sono alcune lettere di Annibal Caro che, forse per rancore personale, disse male del paese e dei suoi abitanti ai quali gettò l’epiteto di «Gente cui si fa notte innanzi sera/ gente da basto, da bastone, da galera».</p>
<p>Oltre alle attività legate all’agricoltura e all’allevamento, ricordiamo la concia delle pelli, la fabbricazione dei vasi di terracotta, la fabbricazione e lo smercio clandestino della polvere pirica, lo sfruttamento delle cave di pietra e di travertino, fabbricazione di laterizi, arte di fabbri ferrai, ebanisti, falegnami.</p>
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<p><em>Tratte da "Il Progetto Ecomuseo. Il Festival del Paesaggio", pp.19-20, Sistema Museale della Provincia di Ancona Pubblicazione fuori commercio. Isbn 9788894007114</em></p>IL PRESEPE E LA SUA TRADIZIONE2015-10-25T06:02:33+00:002015-10-25T06:02:33+00:00http://www.lamemoriadeiluoghi.it/index.php/serra-san-quirico/283-il-presepe-e-la-sua-tradizioneFederica Candelaresifedecandelaresi@libero.it<p><img style="float: right;" src="http://www.lamemoriadeiluoghi.it/images/Serraquirico02.jpg" alt="" />Una tradizione locale diffusa anche in altri paesi della zona è di costruire presepi che rappresentano il paesaggio urbano locale (attestata a Serra San Quirico, Jesi, Monte San Vito, Montemarciano, Fabriano, Serra de Conti). Si tratta di una tradizione che risale fino alle sacre rappresentazioni medievali. Una esposizione di questo genere è stata allestita nella chiesa di San Benedetto di Fabriano, per iniziativa del sig. Fabrizio Ciccolini di Fabriano (dal 1987 al 1997 e poi dal 2011).</p>
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<p><em>Tratte da "Il Progetto Ecomuseo. Il Festival del Paesaggio", pp.19-20, Sistema Museale della Provincia di Ancona Pubblicazione fuori commercio. Isbn 9788894007114</em></p><p><img style="float: right;" src="images/Serraquirico02.jpg" alt="" />Una tradizione locale diffusa anche in altri paesi della zona è di costruire presepi che rappresentano il paesaggio urbano locale (attestata a Serra San Quirico, Jesi, Monte San Vito, Montemarciano, Fabriano, Serra de Conti). Si tratta di una tradizione che risale fino alle sacre rappresentazioni medievali. Una esposizione di questo genere è stata allestita nella chiesa di San Benedetto di Fabriano, per iniziativa del sig. Fabrizio Ciccolini di Fabriano (dal 1987 al 1997 e poi dal 2011).</p>
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<p><em>Tratte da "Il Progetto Ecomuseo. Il Festival del Paesaggio", pp.19-20, Sistema Museale della Provincia di Ancona Pubblicazione fuori commercio. Isbn 9788894007114</em></p>IL “PIANTAR MAGGIO” E LA FESTA RURALE DI DOMO2015-10-25T06:01:43+00:002015-10-25T06:01:43+00:00http://www.lamemoriadeiluoghi.it/index.php/serra-san-quirico/282-il-piantar-maggio-e-la-festa-rurale-di-domoFederica Candelaresifedecandelaresi@libero.it<p><img style="float: right; border-width: 100px;" src="http://www.lamemoriadeiluoghi.it/images/domo.jpg" alt="" width="300" />Pratica antichissima e rito propiziatorio che affonda le sue radici in riti pagani di origine celtica. La notte del 30 aprile un alto pioppo viene scelto, scortecciato ed innalzato nella piazza del paese, e poi adornato di fiori e accolto con canzoni e balli, per celebrare la rigenerazione della natura e della vita sotto forma di simboli vegetali; i festeggiamenti si protraggono fino alla mattina del giorno successivo. In passato quando l’usanza era molto sentita ci furono anche scontri violenti, perché le comunità cercavano di rubarsi “il maggio”, come avvenne nel 1962 e 1963 tra i giovani di Domo, Arcevia e centri vicini.</p>
<p><em><strong>Festa Rurale di Ferragosto (Domo)</strong>. </em>Manifestazione che nasce nel 1976, con il sostegno del parroco dell’epoca, come Festa dell’Agricoltura per poi divenire più attuale e coinvolgente. Gran parte degli abitanti della frazione vi partecipa, prestando la loro opera a titolo gratuito. Si caratterizza per le gimcane dei trattori, i tornei di bocce, le sfilate storiche del contadino (a cui prendono parte talvolta gruppi folkloristici di altri centri), la trebbiatura fatta con macchine d’epoca, le mostre degli attrezzi agricoli (spesso fatti a mano e personalizzati) precedenti la meccanizzazione e la produzione industriale. Poi, forse più strettamente legati al folklore delle campagne comprendenti i territori di Jesi e Fabriano in genere, il festival degli organetti accompagnanti gli stornellatori cantanti in rima, la corsa dei somari, i raduni dei cavalli, i vari giochi che nei decenni trascorsi si sono disputati sull’aia delle fattorie o sulle piazze principali dei paesi (l’albero della cuccagna, la rotta delle pigne, l’altezza del prosciutto...), gli sbandieratori in costume medioevale.</p>
<p>Accanto a questi eventi guardanti al passato, si allestiscono spettacoli più moderni: le gare su veicoli a ruote privi di propulsori, le corse dei modellini delle auto da corsa, le gimcane delle moto e delle auto da fuoristrada, il tiro alla fune, i saltimbanchi, i mangiafuoco, i trampolieri, le scuole di ballo, spettacoli teatrali (sia tradizionali che in dialetto), mostre pittoriche, fotografiche, storiche, filateliche, gare di briscola. Non mancano piatti tradizionali e vino locale.</p>
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<p><em>Tratte da "Il Progetto Ecomuseo. Il Festival del Paesaggio", pp.19-20, Sistema Museale della Provincia di Ancona Pubblicazione fuori commercio. Isbn 9788894007114</em></p>
<p><em><a href="https://www.facebook.com/Domo-AN-696880543738683/" target="_blank" rel="alternate">www.facebook.com/Domo</a></em></p><p><img style="float: right; border-width: 100px;" src="images/domo.jpg" alt="" width="300" />Pratica antichissima e rito propiziatorio che affonda le sue radici in riti pagani di origine celtica. La notte del 30 aprile un alto pioppo viene scelto, scortecciato ed innalzato nella piazza del paese, e poi adornato di fiori e accolto con canzoni e balli, per celebrare la rigenerazione della natura e della vita sotto forma di simboli vegetali; i festeggiamenti si protraggono fino alla mattina del giorno successivo. In passato quando l’usanza era molto sentita ci furono anche scontri violenti, perché le comunità cercavano di rubarsi “il maggio”, come avvenne nel 1962 e 1963 tra i giovani di Domo, Arcevia e centri vicini.</p>
<p><em><strong>Festa Rurale di Ferragosto (Domo)</strong>. </em>Manifestazione che nasce nel 1976, con il sostegno del parroco dell’epoca, come Festa dell’Agricoltura per poi divenire più attuale e coinvolgente. Gran parte degli abitanti della frazione vi partecipa, prestando la loro opera a titolo gratuito. Si caratterizza per le gimcane dei trattori, i tornei di bocce, le sfilate storiche del contadino (a cui prendono parte talvolta gruppi folkloristici di altri centri), la trebbiatura fatta con macchine d’epoca, le mostre degli attrezzi agricoli (spesso fatti a mano e personalizzati) precedenti la meccanizzazione e la produzione industriale. Poi, forse più strettamente legati al folklore delle campagne comprendenti i territori di Jesi e Fabriano in genere, il festival degli organetti accompagnanti gli stornellatori cantanti in rima, la corsa dei somari, i raduni dei cavalli, i vari giochi che nei decenni trascorsi si sono disputati sull’aia delle fattorie o sulle piazze principali dei paesi (l’albero della cuccagna, la rotta delle pigne, l’altezza del prosciutto...), gli sbandieratori in costume medioevale.</p>
<p>Accanto a questi eventi guardanti al passato, si allestiscono spettacoli più moderni: le gare su veicoli a ruote privi di propulsori, le corse dei modellini delle auto da corsa, le gimcane delle moto e delle auto da fuoristrada, il tiro alla fune, i saltimbanchi, i mangiafuoco, i trampolieri, le scuole di ballo, spettacoli teatrali (sia tradizionali che in dialetto), mostre pittoriche, fotografiche, storiche, filateliche, gare di briscola. Non mancano piatti tradizionali e vino locale.</p>
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<p><em>Tratte da "Il Progetto Ecomuseo. Il Festival del Paesaggio", pp.19-20, Sistema Museale della Provincia di Ancona Pubblicazione fuori commercio. Isbn 9788894007114</em></p>
<p><em><a href="https://www.facebook.com/Domo-AN-696880543738683/" target="_blank" rel="alternate">www.facebook.com/Domo</a></em></p>LA CARTOTECA STORICA DELLE MARCHE - video2015-10-31T08:47:23+00:002015-10-31T08:47:23+00:00http://www.lamemoriadeiluoghi.it/index.php/serra-san-quirico/341-la-cartoteca-storica-delle-marche-videoFederica Candelaresifedecandelaresi@libero.it<p>Serra San Quirico - Cartoteca Storica delle Marche.<br />Il video è stato realizzato dal Sistema Museale della Provincia di Ancona con il contributo del fondo sociale europeo (Docup Ob.2, 2000-2006, Misura 3.2.3.) nel Comune di Serra San Quirico e presso la Cartoteca Storica delle Marche.<br />Regia di Gianluca Corinaldesi.<br />Produzione: Sistema Museale della Provincia di Ancona.</p>
<p><a href="https://www.youtube.com/watch?v=H406QLBWa8s" target="_blank" rel="alternate"><img src="http://www.lamemoriadeiluoghi.it/images/youtube1.jpg" alt="" width="100" />Cartoteca Storica delle Marche</a></p>
<p> </p><p>Serra San Quirico - Cartoteca Storica delle Marche.<br />Il video è stato realizzato dal Sistema Museale della Provincia di Ancona con il contributo del fondo sociale europeo (Docup Ob.2, 2000-2006, Misura 3.2.3.) nel Comune di Serra San Quirico e presso la Cartoteca Storica delle Marche.<br />Regia di Gianluca Corinaldesi.<br />Produzione: Sistema Museale della Provincia di Ancona.</p>
<p><a href="https://www.youtube.com/watch?v=H406QLBWa8s" target="_blank" rel="alternate"><img src="images/youtube1.jpg" alt="" width="100" />Cartoteca Storica delle Marche</a></p>
<p> </p>LA DEVOZIONE POPOLARE2015-10-25T05:58:19+00:002015-10-25T05:58:19+00:00http://www.lamemoriadeiluoghi.it/index.php/serra-san-quirico/280-la-devozione-popolareFederica Candelaresifedecandelaresi@libero.it<p>Viene venerata la <strong><em>Sacra Spina </em></strong>che, secondo la tradizione, proviene dalla corona di spine di Gesù. Sant’Elena, dopo aver recuperato la corona, avrebbe destinato le varie spine a diversi luoghi di culto: a Serra San Quirico un crociato portò una di queste spine nel XIII secolo (ma i documenti la menzionano solo a partire dall’inizio del XVI secolo), oggi conservata in un tabernacolo della chiesa dei Santi Quirico e Giulitta.</p>
<p>Uno studioso di templarismo, il Petromilli, identifica il crociato con un templare fabrianese, il cui nome potrebbe essere Guido da Collamato o Guido dall’Amato, che avrebbe sottratto la spina a dei soldati musulmani. Secondo la narrazione popolare il reliquario della Sacra Spina, portato dal pievano con il popolo, avrebbe disperso, disorientato e immerso nella nebbia i Goti o altri invasori e fatto cadere in ginocchio e immobilizzato i loro cavalli. Secondo la tradizione, a volte la spina appare rosseggiante di sangue.</p>
<p>Molte testimonianze affermano che, il 25 marzo (festa dell’Annunciazione) del 1635 e del 1636 (altra fonte dice del 1700), sulla spina sarebbero comparsi alcuni piccoli fiori bianchi. Nel 1854, durante un’epidemia di colera, la spina si sarebbe piegata da un lato e avrebbe sanguinato copiosamente, dopodiché l’epidemia sarebbe andata gradualmente cessando.</p>
<p>Nel 1944 la Sacra Spina avrebbe protetto il paese, occupato dai tedeschi, da rastrellamenti e da bombardamenti. A ricordo di simili eventi, vennero istituite cerimonie annuali di devozione incentrate sul bacio rituale dei fedeli alla Sacra Spina.</p>
<p>A Serra San Quirico sarebbe stato anche conservato fino al 1486 un <strong>frammento della lancia</strong> usata per trafiggere il torace di Cristo, portato da un cavaliere crociato. Questa reliquia avrebbe operato numerosi prodigi e sarebbe stata usata con successo anche in cerimonie esorcistiche.</p>
<p>A Domo si trovano <strong>simboli legati ai templari</strong>: in un edificio a ridosso dell’antica chiesa di San Paterniano è visibile la “croce patente” che i cavalieri templari ponevano all’ingresso delle proprie magioni; un mosaico di epoca medievale, invece, raffigura i “nodi di Salomone”, marchi tipici con cui i templari segnalavano luoghi di alta spiritualità.</p>
<p>Figurette, edicole sacre, immagini votive e croci lignee di Rotorscio e Castellaro: segni che ricordano eventi legati a momenti positivi e negativi delle persone che le hanno erette. (Si racconta che sotto la<strong> “croce di Martellì”</strong> passasse saltuariamente, di notte e per qualche anno, un devoto con una cesta di sassi che collocava attentamente ai piedi del simulacro; i sassi erano ben levigati e, quindi, erano stati, presumibilmente, sulle spalle del penitente per qualche chilometro).</p>
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<p><em>Tratte da "Il Progetto Ecomuseo. Il Festival del Paesaggio", pp.19-20, Sistema Museale della Provincia di Ancona Pubblicazione fuori commercio. Isbn 9788894007114</em></p><p>Viene venerata la <strong><em>Sacra Spina </em></strong>che, secondo la tradizione, proviene dalla corona di spine di Gesù. Sant’Elena, dopo aver recuperato la corona, avrebbe destinato le varie spine a diversi luoghi di culto: a Serra San Quirico un crociato portò una di queste spine nel XIII secolo (ma i documenti la menzionano solo a partire dall’inizio del XVI secolo), oggi conservata in un tabernacolo della chiesa dei Santi Quirico e Giulitta.</p>
<p>Uno studioso di templarismo, il Petromilli, identifica il crociato con un templare fabrianese, il cui nome potrebbe essere Guido da Collamato o Guido dall’Amato, che avrebbe sottratto la spina a dei soldati musulmani. Secondo la narrazione popolare il reliquario della Sacra Spina, portato dal pievano con il popolo, avrebbe disperso, disorientato e immerso nella nebbia i Goti o altri invasori e fatto cadere in ginocchio e immobilizzato i loro cavalli. Secondo la tradizione, a volte la spina appare rosseggiante di sangue.</p>
<p>Molte testimonianze affermano che, il 25 marzo (festa dell’Annunciazione) del 1635 e del 1636 (altra fonte dice del 1700), sulla spina sarebbero comparsi alcuni piccoli fiori bianchi. Nel 1854, durante un’epidemia di colera, la spina si sarebbe piegata da un lato e avrebbe sanguinato copiosamente, dopodiché l’epidemia sarebbe andata gradualmente cessando.</p>
<p>Nel 1944 la Sacra Spina avrebbe protetto il paese, occupato dai tedeschi, da rastrellamenti e da bombardamenti. A ricordo di simili eventi, vennero istituite cerimonie annuali di devozione incentrate sul bacio rituale dei fedeli alla Sacra Spina.</p>
<p>A Serra San Quirico sarebbe stato anche conservato fino al 1486 un <strong>frammento della lancia</strong> usata per trafiggere il torace di Cristo, portato da un cavaliere crociato. Questa reliquia avrebbe operato numerosi prodigi e sarebbe stata usata con successo anche in cerimonie esorcistiche.</p>
<p>A Domo si trovano <strong>simboli legati ai templari</strong>: in un edificio a ridosso dell’antica chiesa di San Paterniano è visibile la “croce patente” che i cavalieri templari ponevano all’ingresso delle proprie magioni; un mosaico di epoca medievale, invece, raffigura i “nodi di Salomone”, marchi tipici con cui i templari segnalavano luoghi di alta spiritualità.</p>
<p>Figurette, edicole sacre, immagini votive e croci lignee di Rotorscio e Castellaro: segni che ricordano eventi legati a momenti positivi e negativi delle persone che le hanno erette. (Si racconta che sotto la<strong> “croce di Martellì”</strong> passasse saltuariamente, di notte e per qualche anno, un devoto con una cesta di sassi che collocava attentamente ai piedi del simulacro; i sassi erano ben levigati e, quindi, erano stati, presumibilmente, sulle spalle del penitente per qualche chilometro).</p>
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<p><em>Tratte da "Il Progetto Ecomuseo. Il Festival del Paesaggio", pp.19-20, Sistema Museale della Provincia di Ancona Pubblicazione fuori commercio. Isbn 9788894007114</em></p>LA LEGGENDA DE “LA GROTTA DELLA CAPRA”2015-10-25T05:52:46+00:002015-10-25T05:52:46+00:00http://www.lamemoriadeiluoghi.it/index.php/serra-san-quirico/277-la-leggenda-de-la-grotta-della-capraFederica Candelaresifedecandelaresi@libero.it<p><img style="border-width: 100px; float: right;" src="http://www.lamemoriadeiluoghi.it/images/golarossa.jpg" alt="" width="300" />Due giovani innamorati, le cui rispettive famiglie osteggiavano il loro grande amore, fuggirono sul Monte della Valle. Una sera, la giovane, recatasi all’interno di una grotta, a seguito di un sortilegio si tramutò in capra. Dopo aver confessato al giovane di essere posseduta da una forza diabolica, scomparve.</p>
<p>Il giovane ricercò la propria amata per tre giorni e per tre notti fino a che, al culmine del dolore, bruciò la selva e, tornato alla grotta, cominciò a sbattere il capo contro la pietra fino a che anch’egli fu colpito da sortilegio: cambiò colore e si trasformò in un masso disposto a guardia della grotta.</p>
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<p><em>Tratte da "Il Progetto Ecomuseo. Il Festival del Paesaggio", pp.19-20, Sistema Museale della Provincia di Ancona Pubblicazione fuori commercio. Isbn 9788894007114</em></p><p><img style="border-width: 100px; float: right;" src="images/golarossa.jpg" alt="" width="300" />Due giovani innamorati, le cui rispettive famiglie osteggiavano il loro grande amore, fuggirono sul Monte della Valle. Una sera, la giovane, recatasi all’interno di una grotta, a seguito di un sortilegio si tramutò in capra. Dopo aver confessato al giovane di essere posseduta da una forza diabolica, scomparve.</p>
<p>Il giovane ricercò la propria amata per tre giorni e per tre notti fino a che, al culmine del dolore, bruciò la selva e, tornato alla grotta, cominciò a sbattere il capo contro la pietra fino a che anch’egli fu colpito da sortilegio: cambiò colore e si trasformò in un masso disposto a guardia della grotta.</p>
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<p><em>Tratte da "Il Progetto Ecomuseo. Il Festival del Paesaggio", pp.19-20, Sistema Museale della Provincia di Ancona Pubblicazione fuori commercio. Isbn 9788894007114</em></p>